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Don Flavio saluta la comunita'

“Non si arriva a una meta se non per ripartire.
E là dove siamo ora, non è che una tappa del nostro cammino”.

Sono le parole sagge di un anonimo che mi hanno sempre accompagnato, soprattutto nei momenti più delicati del mio cammino.
Questo è uno di quei momenti dove mi trovo a fare i conti con alcuni verbi, quelli della vita da prete: partire, lasciare, custodire.

 

Partire è voce del verbo obbedire.
In momenti decisivi della vita, quando il partire richiede il lasciare ed il lasciare esige disponibilità a scommettere sull’incerto futuro benedetto da Dio, ti accorgi che partire è voce del verbo “obbedire”, l’eco eterno di una quotidiana chiamata ad abbandonarsi, con prontezza e fiducia, ad una volontà più grande.
L’obbedienza si traduce nella mia disponibilità a guidare una nuova comunità, quella di Olgiate, e questo non significa lasciarmi sfuggire dal cuore coloro che mi sono stati affidati a Teglio, consapevole che “l’obbedienza non restringe ma allarga l’abbraccio”, quello premuroso degli occhi che vede tutti e in silenzio vuole bene.
La Parola di Dio ci regala, questa domenica, l’immagine del pastore che, per lavoro ma soprattutto per passione, accompagna le sue pecore, le accudisce, se serve le rimprovera, le guida tenendole il più possibile sul sentiero, cercando di recuperarle se si allontanano troppo.
Grazie per avermi accolto come pastore e padre così come sono, con i miei pregi e i miei difetti: sono il bagaglio che ogni persona porta con sé, nella consapevolezza che ognuno di noi è un regalo che il Signore pone sulla tua strada, non dimenticando che è sempre “un dono grande incontrare qualcuno a cui piaccia così come sei”.

 

Lasciare è voce del verbo amare.
Quando le sicurezze del presente rendono difficile investire energie nuove nelle divine promesse, ti accorgi che avere fede significa credere al di là delle apparenti riuscite o sconfitte, per confidare unicamente in Dio, riconosciuto scudo e ricompensa.
Il Dio della misericordia ha sempre sostenuto il nostro cammino come comunità, che ho servito finora e volentieri.
Lasciare è voce del verbo amare, non voce del verbo abbandonare.
Riconoscendo l’eco della volontà di Dio, che mi chiede di accogliere una nuova chiamata in una terra nuova, con cuore libero e sereno mi dispongo a lavorare in un altro “filare della Vigna del Signore”, senza dimenticare quello dove fino ad oggi ho lavorato.
Grazie per aver condiviso i sentieri della gioia, della fatica e della fragilità: con voi ho fatto un pezzo di strada lungo dodici anni e pure io ho avuto la fortuna di crescere nella fede e nel perdono, quel dono che ti rialza per continuare a camminare.
Lasciare implica il non dimenticare, perché le fatiche superate e le conquiste fatte insieme sono doni preziosi che hanno aiutato i nostri piedi a compiere i passi più importanti del cammino.

 

Custodire è voce del verbo offrire.
È proprio in quell’ora delle ore, quando è richiesto il sacrificio del proprio cuore, che puoi misurare la profondità del tuo amore. Ed è in quel momento che ti accorgi che vivere con fede è offrire tutto a Dio Padre, senza porre tante domande ma decidendo di obbedire fino in fondo.
Custodire non significa possedere ma offrire quello che porti nel cuore.
Intraprendo questo passaggio, questo piccolo “esodo” della mia vita, consapevole che obbedire significa partire e “partire è vivere e un po’ morire”.
Grazie per aver condiviso il “cantiere della comunità”: abbiamo fatto tante cose ma l’opera più importante e più bella è costruire una comunità, cantiere sempre aperto e in continuo rinnovamento.
Una comunità è una palestra di vita dove alleni i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti e le tue emozioni alla pazienza, accettando la diversità e ripartendo con gioia dopo ogni sconfitta.
Una comunità è il luogo dove lo Spirito Santo è al lavoro, iniettando nella nostra vita il vaccino del bene per sconfiggere il virus del male, quello della gelosia e dell’invidia.
Una comunità ti aiuta a comprendere che: “Da soli si cammina veloci, insieme si va lontano” (F. Clerici).

 

Vi saluto con la benedizione che l’apostolo Paolo pronuncia a Mileto nel momento in cui si congeda dalla comunità di Efeso: “Vi affido a Dio e alla parola della sua grazia” (At 20,32).
La Madonna di Caravaggio, che veneriamo a San Martino, custodisca i miei e i vostri passi.

Il grazie

a fine Messa

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