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C'è posta per te

Ci scrive... Padre Simone Caelli

Nella sezione “C’è posta per te”, in questo mese di aprile, ci scrive Padre Simone Caelli, Missionario del PIME.

Propone la lettere in stile intervista.

“Chi sono?” Bella domanda, dopo 49 anni non l’ho ancora capito! No, scherzo.
“Chi sono?” è una delle domande a cui Marco mi ha invitato a rispondere, le altre sono: “Dove sei? La tua comunità? Il tuo incarico? Cosa desideri dire alla tua comunità?”.
Facciamo che rispondo alle domande come se fosse un’intervista, così forse sono meno noioso.

 

Chi sono?
Sono padre Simone Caelli, nato a Teglio il 1° novembre 1971. Faccio parte del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere) dal 1° ottobre 1999 (data significativa per me, perché è la festa di Santa Teresina del Bambin Gesù, patrona delle Missioni) e sono prete dal 10 giugno del 2000. Sì, quest’anno sono 20. Oh mamma! Sono passati come un fulmine: 20 anni di avventure, fallimenti e successi, questi ultimi conquistati solo grazie a Dio… beh forse qualche fallimento me lo ha mandato il Signore per insegnarmi ad essere umile. Comunque, guardando indietro, mi sento il cuore pieno di gratitudine.

 

Dove sono?
Adesso? Davanti al computer. Ah! Intendi dire in senso più ampio!
Sono nelle Filippine, a Parañaque City, una città della grande Manila. Insomma vivo in città, ma nella periferia della città, a pochi chilometri dall’aeroporto.
Come?! No, le montagne le vedo solo alla televisione e la “neve” c’è solo nel freezer! Qui è tutto piatto e siamo vicino al mare, però il mare di una metropoli di 14 milioni di abitanti, quindi… insomma a buon intenditore poche parole.

 

La mia comunità?
È la parrocchia di Mary Queen of Apostles (Maria Regina di Apostoli). Notare di apostoli, perché si è voluto dare un senso più generale e non solo intendere i 12 apostoli. Sant’uomini, certo, ma la Chiesa non l’hanno fatta solo loro. Quindi con questa preposizione senza articolo si è voluto sottolineare che tutti siamo missionari, sì anche tu!
È una parrocchia di… questo è il problema: non si sa quanti abitanti ci siano. Perché la parrocchia si estende su un’area di 5 unità amministrative che si chiamano barangay (diciamo comuni anche se non è proprio così). Il problema è che non si riesce a sapere quanta gente c’è. Ho chiesto in ogni barangay, ma mi comunicano la popolazione totale dei residenti mentre a me interessa solo sapere quanta gente abita nella zona coperta dalla mia parrocchia. Niente! È troppo complicato. Considera inoltre che c’è molta mobilità tra i residenti, gente che va e che viene; e nei casi più disperati, ci sono persone che non sono nemmeno registrate all’anagrafe. Comunque ci sono delle stime e la più verosimile è 120.000 persone che “fortunatamente” non si confessano regolarmente (quasi mai), altrimenti morirei nel confessionale – si fa per dire!!

 

Il mio incarico?
“Cura paroko ako.” Sono il parroco. Non sono solo, con me c’è un altro prete missionario del PIME, padre Sundeep Pulidindi, che è indiano. Poi ci sono altri preti che ci aiutano per le messe domenicali, che sono – aspetta fammi fare un po’ i conti – 18, sì 18. E se poi ci sono i funerali a volte si arriva a 20, senza contare che ogni domenica ci sono i battesimi (mediamente 25 a domenica) poi le benedizioni dei morti e delle case.
Ci sono poi diversi laici che collaborano. Ad esempio c’è l’oratorio domenicale con circa 300 bambini, dove i catechisti e gli animatori organizzano tutto e quest’anno c’è anche un seminarista, quindi io vado solo ogni tanto ad incontrarli. Sempre di domenica, ci sono anche gruppi di laici che nelle varie cappelle della parrocchia si trovano per fare una condivisione nella fede e un momento di preghiera partendo da un brano della Bibbia.
Un programma molto importante è quello delle adozioni a distanza: con gli aiuti che arrivano dall’Italia attraverso il progetto adozioni a distanza del PIME possiamo aiutare circa 800 bambini e ragazzi dalla 1° elementare alla 5° superiore.
Io quindi coordino tutte queste attività, come un direttore d’orchestra, dove ognuno ha il suo ruolo e la propria vocazione.
Come un buon parroco che si rispetti bisogna fare anche qualche cosa di più concreto, ma a questa latitudine (nel contesto dei tropici!) che cosa significa? L’anno scorso nella chiesa principale abbiamo installato un ventilatore gigante (circa 10 metri di diametro) sul soffitto, perché qui il problema è il caldo non il freddo.
In futuro? Ho un sogno nel cassetto: da quando questa parrocchia è stata fondata, 35 anni fa, si va avanti con 4 trombe altoparlanti. Quindi il mio sogno è quello di poter installare delle vere campane sul campanile. Non saranno mai come quelle della chiesa di Sant’Eufemia, ma mi piacerebbe poter dare alla comunità questo bel regalo. Vedremo, se Dio vuole, i soldi arriveranno.

 

Cosa desideri dire alla tua comunità?
Aspetta, sono un poco confuso. Quale comunità?
Alla comunità di Mary Queen of Apostles, di cui sono il pastore, dico quello che ho detto quando ho fatto l’ingresso ufficiale, parole che sono molto impegnative e che si dicono solo a una persona o a poche persone, parole che un uomo dice alla donna della sua vita: I love you! Ti (vi) amo. L’ho detto alla comunità e di queste parole ne sento il peso e la gioia.
Alla comunità di sant’Eufemia, dove sono diventato cristiano, dove sono cresciuto nella fede, dove ho condiviso la fede con altri, dove ho servito per diversi anni da giovane e poi da seminarista, dico: I love you too, (amo anche voi) and see you soon (ci vediamo presto, visto che a giugno farò le mie vacanze).

Padre Simone Caelli

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